IL MENU'


17/06/2015

In Barbaro dominio, "Rassegna di parole straniere alla moda in Italia" (Hoepli, 1943), alla voce menu si legge «già da qualche lustro questa parola francese si pronuncia menù all’italiana ed ormai sta scomparendo dall’uso». L'autore, fiducioso nella politica linguistica autarchica del ventennio, riteneva che «la parola propria, antica», ovvero «lista delle vivande» avrebbe presto avuto la meglio sul francesismo.

La previsione era errata, ma menù o menu che scrivere si voglia (ancorché il termine sia corretto in entrambe le versioni, propendiamo per la prima), l'importante è la chiarezza: che cosa c'è da mangiare, in ordine logico, e a quale costo. Il resto - colore, forma, disegni - non importa. Anzi, come al solito, meno si aggiungono testo e orpelli grafici più il risultato è soddisfacente.

Naturalmente non hanno senso i menu privi di prezzo (quelli "da donna", per capirsi): chiunque debba metter mano al portafogli - e non è scontato che a offrire sia comunque lui, specie in occasioni di lavoro - qualsiasi scelta non può prescindere da quanto costi quel che si sta per acquistare. Detto brevemente del ristorante, ecco qualche suggerimento per la casa.

Considerato il gran numero di persone che segue diete di tutti i tipi, scambiarsi informazioni su che cosa si sta per mangiare è assai utile per i commensali e particolarmente cortese da parte del padrone di casa. Non è più tempo di pietanze ingurgitate controvoglia, ma neppure è opportuno lo spreco di un piatto rientrato in cucina appena toccato.

Un accenno all'elenco delle portate - specie quando si intende preparare qualcosa di particolare - può esser fatto al momento dell'invito, ma riassumerle a voce è corretto anche appena prima di sedersi, avendo l'accortezza (ed essendosi preparati alla bisogna) di aggiungere: "abbiamo pronta in cucina un'insalata", o altra frase così. La cosa consente di rispettare le abitudini alimentari di  un ospite osservante, allergico o vegetariano, e offre a chi lo desideri la scelta di prendere più pasta se intende saltare l'ossobuco, o di lasciare spazio per il tiramisù.

Naturalmente, per quanto desueto non è sbagliato elencare le pietanze e i vini su un cartoncino semplice posto alla destra del piatto, anche vergato a mano, in testa al quale (se esiste) può essere scritto il motivo dell'invito, tipo: "Nozze d'oro di Orazio e Clarabella", seguito dalla data.  Altrimenti è sufficiente la data, dopo l'elenco delle pietanze.

L'abitudine di conservare i menu e scrivere sul retro i nomi degli ospiti in modo da ricordare cosa si è offerto e a chi (ovvero segnare giorno, occasione, commensali e vivande su un quaderno), ancorché vagamente inquietante può essere utile.

Ai pranzi e alle cene ufficiali (per intendersi sulla parola "ufficiale", si tratta degli eventi ai quali a invitare è un'autorità nella sua veste istituzionale) il menu è obbligatorio. In questi casi consiste in un cartoncino doppio, preferibilmente bianco, magari con un bordo, un logo e/o un disegno anche a rilievo (ma è chiaro che più roba c'è più si rischia di sbagliare).

All'interno, unito da un cordoncino, un foglio anch'esso doppio, stampato, appena più piccolo del cartoncino esterno altrimenti non c'entra bene. Si otterranno così otto pagine.

1) Eventualmente con bordo, logo (meglio di sì) e/o disegno (meglio di no);

2) vuota;

3) alto al centro motivo dell'evento (pranzo/cena in onore del Presidente dello Stato di Squagliacolla e della signora Minnie), la località e la data (l'ora è superflua);

4) vuota;

5) il menù vero e proprio separando in modo marcato (con una cornicetta o una riga) gli antipasti dai primi, i primi dai secondi e i secondi dai terzi e distinguendo (con un doppio spazio) i diversi primi dai diversi secondi e contorni in modo visibile; staccato in basso a sinistra, i vini, con la specificazione di casa di produzione e annata (quest'ultima va omessa se il vino è dell'anno);

6) - 7) - 8) vuote (ma qualsiasi altra cosa si voglia aggiungere, da una spiritosaggine a uno sponsor, va sull'ultima, in basso al centro più piccolo che si può).

Naturalmente non va scritta la parola "menù" - si vede benissimo che lo è - né l'indicazione caffè o liquori, considerati "automatici". Se sono presenti ospiti stranieri, i menù sarebbe bene tradurli; in tal caso va bene anche farne avere a tutti in doppia lingua se non si sa esattamente con buon anticipo chi andrà seduto dove.

Un'ultima cosa. I menù vanno riletti attentamente prima di sistemarli in tavola: capita a volte che qualche orrendo refuso del quale ci si accorge all'ultimo momento costringa il padrone di casa, con la morte nel cuore ma consapevole dei rischi del ridicolo, a non metterli più (se i pomodorini gratinati diventano gratinaNti, a meno di sostenere che il transgenico li ha trasformati in mutanti imitatori del forno altra soluzione non c'è che farli sparire).

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