MISERIA E NOBILTA'
"Per la scelta dell'impiegato che doveva accompagnare il Mega Direttore Clamoroso, DUCA-CONTE Piercarlo ingegner Semenzara, a giocare a Montecarlo, si tenne in sala mensa un tremendo sorteggione per il quale si riunì anche la Commissione Interna. Organizzatore della cerimonia: il ragionier Filini, dell'Ufficio Sinistri."
Che siano usati per far sorridere o sognare, i titoli nobiliari affollano il nostro cinema, da "La Duchessa" al "Conte Max" (con la celebre battuta finale di Alberto Sordi: "A' bbrutti!"...), fino alle parodie di Natale dei Vanzina. Ma nel 21° secolo si può ancora diventare nobili? Che cosa comporta esserlo? E come è consuetudine rivolgersi loro?
In giro per il mondo, Vaticano e Commonwealth esclusi, ci sono ancora una trentina di monarchi "in carica", legittimamente in grado di creare nuovi nobili. In Italia, evidentemente, il "titolo" si acquisisce solo per nascita o matrimonio in linea maschile (insomma, diventano nobili i figli e le consorti dei nobili, e siccome è certamente vero che esserlo offre ancora accesso ad ambienti e persone altrimenti preclusi, in molti continuano a tenerci...).
Esiste un libro d'oro della nobiltà italiana, una sorta di registro ufficiale (del 1869) conservato presso l'Archivio di Stato. Contiene per ciascuna famiglia il paese d'origine, la dimora abituale, la descrizione dello stemma. All'epoca, iscriversi era oneroso e non tutti lo fecero; per questo, non necessariamente non comparirvi significa esibire un titolo farlocco (ovvero ricostruito in base a ricerche araldiche successive, più o meno attendibili), ma chi ci sta è "nobile" di sicuro.
Chiunque ci stia, la nostra Costituzione (XIV transitoria: I titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome) sostanzialmente "abolisce" la nobiltà, salvando il solo predicato: "(Duca) Gastone Paperone DI PAPEROPOLI". Evidentemente però, non riconoscerla non ha significato (ne' poteva) rendere illegale l'uso degli appellativi...
Così, non è vietato ai nobili continuare a venir chiamati (se piace) così, col titolo di famiglia. Certo, farsi appellare "Duca" o "Barone" ricoprendo un pubblico Ufficio è certamente disdicevole, ma qui finisce. Nel privato, va bene "Marchese", va bene "Contessa" (senza anteporre "Signor" o "Signora", però, che fa troppo fumettone televisivo).
Per indirizzare una lettera (o una email, ormai è quasi lo stesso), ecco: se il Duca Gastone Paperone è l'unico a portare titolo e cognome (nel senso che non ci sono fratelli), sulla busta va scritto: "Duca Paperone". Se ha una moglie: "Duca e Duchessa Paperone." I figli non avrebbero diritto al titolo ma soltanto al "Don" (ovvero, "Don Gastone dei Duchi Paperone", ma è cortese ignorarla, questa cosa).
Se al contrario il Duca non è il solo (e quindi ha fratelli Duca come lui): "Duca Gastone Paperone". Se ha una moglie: Duca e Duchessa Gastone Paperone.
Al titolo si antepone "N.H." o "N.D." (che sta per nobiluomo o nobildonna). Malgrado l'abitudine stia venendo meno, N.H. o N.D. andrebbero sempre pretermessi al nome se il destinatario della lettera è un nobile senza titolo ("Nobiluomo", ultimo dell''elenco, che in teoria è questo: principe, duca, marchese, conte, visconte, barone, nobiluomo; ma occhio all'antichità del titolo, che conta moltissimo!).
Siccome però oggi la maggior parte degli aristocratici si mantiene con un'occupazione (medici, professori, avvocati, eccetera), se si scrive per motivi di lavoro meglio fare riferimento al titolo accademico o professionale; perciò: "Avvocato Gastone Paperone, Via del Borgo Bello 85, Nobilopoli".
Ultimo suggerimento: se il destinatario si bea particolarmente del proprio stato (capitava più spesso una volta alla nobiltà recente e comunque, avendo una minima conoscenza della persona, la cosa solitamente è nota), sono alte le probabilità che tenga molto più al titolo araldico che a quello accademico, e quindi sentirsi appellare "soltanto" Professore(ssa) potrebbe (come nel caso del Mega Direttore Clamoroso Duca-Conte Pier Carlo Semenzara) infastidire non poco...