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DIECI REGOLE PER UN EVENT MANAGER

31 marzo 2020

Nell'innaturale assenza di socialità dei giorni che viviamo, la pubblicazione di un libro per la formazione di aspiranti organizzatori di eventi può apparire al tempo stesso un azzardo e una manifestazione di fiducia. Ne parliamo sposandone gli auspici. 

Si intitola Event Manager. Lo ha scritto (in inglese) e autopubblicato Daniela Liccardo. Si trova, gratuitamente, su Amazon in formato kindle (il cartaceo costa 13 euro). Dal libro abbiamo riassunto un decalogo di suggerimenti.

Una volta ottenuto un incarico (dal ricevimento di matrimonio al raduno di automobili, non importa se grande o piccolissimo) è indispensabile:

1) impiegare un tempo, pur breve, per capire che tipo di evento sia possibile realizzare, compatibilmente con quel che domanda il cliente; per farlo vanno raccolte tutte le informazioni necessarie in termini di possibilità, location, fornitori e relativi costi;

2) organizzare (a meno che - magari! - non se ne abbia già uno a disposizione) uno staff motivato e sereno con cui suddividere il lavoro, distribuendolo in maniera che ogni sezione faccia capo a una persona: sponsor - relatori e ospiti - iscritti - eccetera;

3) stilare una proposta comprensiva di budget ad hoc da far approvare al cliente e richiedere un acconto sulle spese (prima, è indispensabile individuare il target cui l’evento è diretto);

4) preparare un piano di comunicazione e di pubblicità adeguato, organizzare la comunicazione interna relativa a entrate e uscite di qualsiasi cosa (mailing list, lettere, materiali) predisponendo un archivio che permetta di aver sempre a disposizione ciò che serve;

5) realizzare e aggiornare una lista degli ospiti e dei relatori completo di informazioni relative a ogni categoria e a ciascuno dei partecipanti all’interno della propria categoria: viaggio, hotel, pick up, cena/pranzo, accompagnatori, allergie alimentari. Una lista in formato Excel è perfetta per ordinare facilmente qualsiasi “query” necessaria (quanti vegetariani, quanti voli da Madrid, quanti check in il primo giorno, quante partenze in anticipo eccetera).

6) recarsi sempre in sopralluogo ovunque (non sembri superfluo; anche se si conoscono già i posti, le poltrone di una sala convegni potrebbero essersi usurate, un titolare di ristorante invecchiato...). Per la scelta dei fornitori il prezzo è soltanto una delle componenti dell'offerta: qualità e professionalità sono requisiti fondamentali;

7) non lasciare nulla al caso. In corso d'opera le cose cambiano spesso, è normale, ma ogni imprevisto, se "appoggiato" su un piano oliato, può essere risolto. Più di tutto, qualsiasi cosa succeda NON BISOGNA MAI FARSI PRENDERE DAL PANICO. La calma di chi affronta il problema rappresenta la metà della soluzione;

8) curare ossessivamente la scelta del personale "il loco" (facchini, autisti, guide). Le hostess in particolare devono essere rassicuranti, indossare una divisa semplice, mai portare il tacco alto (a parte, ove necessario, la sera) preferibilmente usare lo stesso colore di rossetto/smalto e tenere i capelli legati;

9) non dimenticare che i dettagli sono molta parte del successo: i colori dei fiori, le alzate sui buffet, i centrotavola, la cartellonistica, la grafica dei programmi, degli inviti, dei menu. Atrettanto, non trascurare che il responsabile dell'evento è il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via, mangia se può, siede se può...

10) (utilissima per il futuro) alla fine  dell'evento ringraziare con lettere/email personalizzate tutti coloro che a diverso titolo vi hanno preso parte. Innanzitutto i collaboratori, quindi i fornitori, gli sponsor, i relatori...

A tutti buona fortuna, di cuore, e a presto.

 

CASUAL ATTIRE (2)

17 ottobre 2015

La prima puntata (CASUAL ATTIRE) - a proposito di camicia, maglie e giacche - è stata pubblicata il 25 settembre. Qui, la parte "inferiore".

Era una considerazione necessaria quando le facevano solo a mano e costavano mezza fortuna (fino alla seconda guerra, mica gli antichi romani), vale oggi a maggior ragione: niente economia sulle scarpe; spesso è la prima cosa che si guarda con attenzione e se di buona qualità e riposte con cura durano anni. Quando sono di cuoio e allacciate devono brillare (lucidarle non costa altro che un po' di cura), ma l'attenzione di metterci dentro un foglio di giornale appallottolato e non indossarle per più giorni di seguito fa bene a qualsiasi calzatura.

Le cosiddette polacchine sono un must. Perfette sempre, bisogna però tenere a mente che nascono come scarpe da deserto, odiano l'acqua e sui sampietrini sono foriere di scivolate rovinose. Sì alle scarpe da ginnastica, se con stile, anche invecchiate. Running solo per lo sport. Il grande classico della converse non ha età. La scarpa di tela e la cosiddetta "da barca" in estate vanno bene anche per la spiaggia, dove peraltro le espadrillas continuano a fare la loro figura. Infradito e ciabatta di gomma mai, se non in presenza di acqua di mare.

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I pantaloni poggiano sulla vita e poggiano sul tacco. No ascellari, no elastico delle mutande in vista, no troppo lungo né corto (a meno di star asciugando casa dopo che s'è rotto il tubo della lavapiatti). E no attillato: i problemi di circolazione non vanno presi alla leggera.

Che con il jeans non si sbaglia mai è una falsa verità. Il bagno di colore è importante. Lo slavato eccessivo e il texturizzato sono vietati, e abbandonate l'idea che il pantalone strappato sia cool (perfino se lo avete consumato voi, figurarsi sdrucito da altri). Il calzone di velluto a coste sarebbe meglio sopra i mille metri insieme a polenta e cinghiale, il fustagno va bene quando fa freddo. Sì al cotone pesante e al fresco di lana: un bel pantalone classico portato casual è la risposta a ogni incertezza, e in questo caso può permettersi i risvolti, altrimenti vietati. Per i colori, seguite le stagioni. L'estate anche un cachi, un arancio ben portato o un carta da zucchero e l'inverno verdone, marrone, grigio e blu. Il Bermuda (comunque al ginocchio non sopra e non sotto) solo in viaggio o al mare. I pantaloni a fantasia non dovrebbero essere minimamente contemplati e in questa categoria rientrano i gessati. La tuta si indossa in palestra, per andare a fare jogging o (al massimo...) stare dentro casa.

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Dare importanza al calzino non è un suggerimento è un assioma. Prima premessa: fare sesso con i calzini è illegale, o per lo meno dovrebbe esserlo; hanno l'accortezza di toglierli anche i porno attori dei film amatoriali. Seconda premessa: i calzini sono di due tipologie, anzi tre: lungo, da sport, "fantasmino" (l'ultimo entrato a furor di giovane popolo nell'uso comune). Il fantasmino si chiama così perché non si deve vedere mai. C'è per igiene e comfort, motivazioni sufficienti perché rimanga una questione che non riguarda terzi. Su sole scarpe sportive. Quanto alla calza lunga (mai bianca se non per obbligo di divisa, e con l'accortezza minima di indossarne uguali; non basta che siano entrambe "blu") in inverno ci si può sbizzarrire. Sì alle righe, agli scacchi e perfino alle piccole fantasie purché sobrie. Quando il calzino si buca o l'elastico si usura, va buttato.

 

 

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