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UNA FAMA IMMERITATA

16 dicembre 2016

Dici Cerimoniale e il tuo interlocutore - non importa se colto o somaro, pubblico o privato - con rarissime eccezioni pensa a una burocrazia sussiegosa. E anche se dai tempi del Re Sole (che sostanzialmente lo fece codificare) di acqua sotto i ponti ne è passata, al risuonare del nome fa eco la cattiva fama che l'accompagna.

Andrebbe cambiato? È difficile dire quale espressione alternativa potrebbe essere utilizzata per definire la sua molteplicità. Che cosa fa il cerimoniale? Ci limitiamo alle attività evidenti. 

1) Mette in ordine cose e persone quando è necessario.

2) Applica le consuetudini riguardanti il modo in cui enti e istituti spendono la propria immagine (il che avviene, normalmente, attraverso l`elargizione di contributi, la concessione di patrocini e premi o l`adesione a comitati d`onore).

3) Consiglia il modo più opportuno di comunicare, a prescindere dal mezzo: voce, carta, telefono, social (Alcune cose non cambiano mica. Come si scrivono un necrologio o un telegramma di condoglianze? Come ci si rivolge a un militare o a un prelato?).

4) Conosce le regole che disciplinano la disposizione di insegne, bandiere e gonfaloni.

5) Sa quando e come debbono essere indossati i cosiddetti "abiti da cerimonia" (frac, smoking, e tight), con o senza le eventuali onorificenze.

Questo piccolo (assolutamente non esaustivo) riassunto vale a giustificare l`impossibilità di ricondurre le cose di cerimoniale alle questioni di etichetta o al bon ton tout court. Ci stanno anche loro, per carità, ma sono poco più di un necessario bagaglio di conoscenze.

L`ufficio corrispondente a quello del "Cerimoniale" nei paesi anglosassoni - quando il termine viene adoperato dagli apparati dello Stato - si chiama "Protocol Office". Ma da noi Protocollo pare se possibile ancora più vecchio di Cerimoniale, con tutto quel che di derisorio ne consegue.

Realazioni esterne, Relazioni pubbliche, Relazioni internazionali? Vanno tutti un po' bene eppure nessuno è in grado di sostituire il pur bistrattato originale. Forse, per far riflettere sulla circostanza che il Cerimoniale NON E' "dove va apparecchiata la tartina dell'Ambasciatore prima di fare il baciamano alla Regina..." si dovrebbe aver coraggio e cambiare davvero: Ufficio per le relazioni umane. 

Tanto, valutato il discredito inflitto alla categoria dal nome storico, per andar peggio potrebbe giusto piovere (cit. Mel Brooks). 

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Commento ricevuto da una affezionata lettrice, che condividiamo (era una provocazione, la nostra).


Non capisco perche' debba essere cambiata la parola "Cerimoniale" che a mio avviso e' bella e rappresenta, come nessun altra sara' mai piu' adatta a farlo, il pieno significato di cio' che comprende.Purtroppo riguardo a questa interessante e (a mio modesto parere) bellissima materia che riguarda la comunicazione, c'e' molta ignoranza e come tutte le cose che non conosciamo, ci spaventano. Per rincarare la dose vorrei invece consigliare di usare di piu' il termine " Cerimoniale" e invitare a farlo conoscere e usare anche ai giovani che non sanno quasi nulla in proposito, perche' nonostante i tempi e le "mode" il saper comportarsi sia nella vita di tutti i giorni che in contesti importanti, specialmente nel mondo del lavoro (vedi colloqui, rapporti interpersonali, rapporti con persone piu' o meno importanti di altri paesi etc...) e' un bel punto in nostro favore e ci permette sicuramente di raggiungere il successo con piu' facilita' ed accredito, posso assicurarlo avendolo sperimentato personalmente.

AL RISTORANTE

30 settembre 2016

Cambiano i locali e la convivialità, ma alcuni suggerimenti di buon senso sono gli stessi da decenni. Eccone dieci. 

1) INGRESSO. Nell'entrare in un locale, a meno che si tratti di luogo abituale, lui precede lei per verificare se il posto è adeguato. Il gesto è antico e ormai con poco (qualcuno ce l'ha ancora, eh) fondamento, ma sempre gentile.

2) ABBIGLIAMENTO. Fa premio il posto o l'occasione? Appartiene a certo luogo comune che al ristorante chic o sedicente tale si debba andare "vestiti", mentre una trattoria merita solo il jeans. E' una fesseria. Nello scegliere l'abbigliamento si dovrebbe innanzi tutto fare attenzione al "cosa" si va a fare. Incontriamo gli amici di sempre in un locale di gran moda? Il grigio scuro è superfluo (se per entrare fossero obbligatori giacca e cravatta - ne esitono ancora, di posti così, non numerosi ma esistono - il locale è da evitare). Ma se a invitare, magari in pizzeria, è una persona anziana per il suo compleanno, può essere adeguato un abbigliamento "di riguardo".

3) DOVE METTERSI. Se possibile, meglio un tavolo lontano dalle cucine, dai bagni e dalla porta d'ingresso. Poi bisogna scegliere "come". Se si è in due, sceglie lei (se non lo fa subito, lui indichi con risolutezza il posto migliore: di solito guarda la sala e ha le spalle protette, ma valgono anche attenzioni all'aria condizionata e alle finestre). Se si è di più è bene evitare l'imbarazzo dei "prego si accomodi qui, ma figurati preferisci lì". Ciascuno decida rapidamente per sé, lasciando a tutti la libertà di mettersi dove vogliono, anche fossero maschi da una parte e femmine dall'altra. 

4) MENU'. Ha chiuso da non molto un piccolo locale nel ghetto di Roma, aperto solo a pranzo, dove i piatti erano scritti a mano su un foglietto a quadretti, ciascuno seguito dal prezzo. Il cameriere, a uno strillo dalla cucina, cancellava con la penna le pietanze che finivano con l'andare delle ore (per mangiare gli aliciotti con l'indivia, il venerdì, dovevi arrivare alla mezza). Sapere che cosa c'è da mangiare e quanto costa; quando un menù offre queste informazioni è perfetto. Il resto (colore, disegni eccetera), sostanzialmente non importa, e lamentarsi della forma è ridicolo. Impresentabili, ormai (e belli non sono stati mai) i menù senza prezzi "per Signore".

5) ORDINAZIONI. Se il cameriere arriva in un tempo ragionevole (massimo 10 minuti), non è sbagliato richiamarne l'attenzione. Per lo studio della carta altri 10 minuti: non state scegliendo la casa in cui abitare i prossimi vent'anni. Con il cameriere è vietato litigare, anche se sbaglia piatto o commette altre manchevolezze. Se si è in due i vini li dovrebbe scegliere lui (il condizionale è d'obbligo: magari lei è un'appassionata). Se non si è in grado, non è disonorevole affidarsi alla casa. In compagnia di solito basta aspettare: l'esperto gourmet del gruppo non tarderà a farsi vivo.

6) COMPORTARSI. Attenzione alle briciole del pane, in modo da evitare che il piatto di un commensale e i suoi immediati dintorni si trasformino in un campo di battaglia. Quando ci si approvvigiona di acqua e vino i vicini non vanno ignorati (e le signore dovrebbero essere servite, non servire!). Quando si termina, forchetta e coltello vanno sistemati ordinatamente sul piatto come se le lancette di un immaginario orologio indicassero le sei e trenta, i rebbi della forchetta posti al centro del piatto verso il basso, la lama del coltello rivolta alla forchetta.

7) CONVERSAZIONE. Se non è un'occasione di lavoro, le chiacchiere vanno condotte con leggerezza, senza ammorbare i vicini ma nemmeno imponendo loro i nostri silenzi. Parlare di cose semplici, che tutti conoscono, ecco il segreto, e non c'è bisogno di essere battutari alla Crozza se non lo si è. Parlare di sé il meno possibile. E qualunque cosa si dica, per carità, A BASSA VOCE.

8) FIORISTI ABUSIVI. I venditori ambulanti vanno trattati con garbo, anche se ne capita uno ogni dieci minuti (andreste a vender fiori nei locali, voi? Abbiate comprensione e rispetto per chi lo fa). Di fronte a un'incrollabile insistenza, la cosa migliore è acquistare una rosa per ogni signora presente al tavolo. Il buon gesto, se accompagnato dall'ironia, copre il fatto che mai si tratta di fiori di prima scelta.

9) IL CONTO. Chi invita offre. E starà attento a mettersi d'accordo prima con il ristoratore per evitare la spiacevole schermaglia "lascia, lascia, faccio io, no io, ma che scherziamo". Se si è fra amici e non c'è un motivo perché sia uno solo a pagare si fa "alla romana", cioè si divide fra i presenti, senza tener conto se qualcuno si è nutrito di caviale (non si dovrebbe fare, naturalmente!) mentre gli altri hanno mangiato la pizza. Se si è in coppia, anche marito e moglie, paga lui. Andrebbe evitato che il conto giunga in tavola pudicamente coperto e lui se ne impadronisca sottolineando che sta per mettere mano al portafoglio. Ci si dovrebbe ritagliare l'opportunità di dare indicazioni alla cassa allontanandosi con una scusa. La cosa più semplice è lasciare la carta di credito e uscendo in leggerissimo anticipo firmare la ricevuta. Chiedere se qualcuno ha spiccioli per la mancia può contribuire a dissimulare il gesto.

10) MANCE. Vanno lasciate sempre (non se si è stati trattati male, evidentemente), salvo che ci abbia servito il titolare. Tra il 5 e il 10 per cento del conto, ma a meno di casi specialissimi non oltre i quindici Euro.

 

 

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