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MAI A MANI VUOTE

22 settembre 2017

Nel suo libro “Galateo, ovvero l’arte di comportarsi evitando inutili imbarazzi e comunicare positivo”, Mario Mandrelli racconta che a fine Settecento l'Ambasciatore di Francia a Roma, Cardinale François-Joachim de Pierre de Bernis, invitato a cena dalla Principessa di Santacroce, si fece precedere da un bidet portatile d'argento carico di frutta.  

La singolare consegna fu curata da valletti appositamente reclutati, e lasciò sconcertati i commensali. Il motivo di tanto omaggio non è noto. Forse voleva stupire. Addirittura essere di scherno, magari in risposta ad analogo (involontario?) precedente regalo, ma la morale della storia è facile: prima di andare a cena o a pranzo da qualcuno ci si dovrebbe porre il problema se l'oggetto che stiamo offrendo sia "giusto".

Portare qualcosa quando si è invitati da qualche parte di massima è obbligatorio. Facendo però attenzione ad alcune cose. Ecco tre NO e tre SÌ.

SÌ. Uno champagne fa sempre piacere. Se si ha l'ambizione che venga servito come aperitivo sarà bene annunciarlo, ed esser certi di non arrivare in ritardo (o con la bottiglia "calda") perché sennò, come disse il contadino abruzzese cui dettero in mano la scheda per l'Assemblea Costituente già votata, "È 'nutile...." 

NO. Il dolce, salvo esplicita richiesta. Il gesto potrebbe impedire a chi invita di offrire quello previsto, magari appropriato al resto delle vivande o preparato in casa. Ammessi i cioccolatini, specie se di genere speciale/artigianale.

SI. Un super alcolico, MA, a patto che la bottiglia sia di qualità. Bere si dovrebbe poco, pochissimo, quindi quel quasi niente di alcol che ci è concesso è indispensabile valga la pena. Diversamente da quel che si pensa, un gin, una tequila, un bourbon eccellenti possono costare come due buone bottiglie di vino. Bisogna studiare, certo...

NO. "Ti ho portato un Barbaresco delle Langhe impareggiabile!!", e i padroni di casa sbiancano all'annuncio dell'ospite gourmet: il vino lo avevano già messo in tavola. Allora, togli quello che c'è e metti il Barbaresco... Essenziale l'intesa con chi invita. Chiara intesa.

SÌ. Fiori. Con due possibili modalità: mandarli prima (obbligatorio in caso di centrotavola), per dare modo a chi li riceve di organizzarsi, sistemandoli per benino; portarli con sé il giorno della cena, ma a patto che sia un mazzo piccolo e/o annunciato, per evitare imbarazzanti cacce al vaso dall'esito non sempre fortunato (si sono sentiti tintinnare cocci e smadonnare aristocratiche signore).

NO. Andare a mani vuote. Se si tratta di amici veri, con i quali si ha confidenza, occhei. Sennò è ammesso solo in casi eccezionali, tipo uragano Irma, capricci di suocere e zie in odore di eredità, riunioni di lavoro da cui dipende il... posto di lavoro (scuse da rappresentare con credibilità e faccia di circostanza). La prima volta sarà perdonata, la seconda ricordata.

INCONTRARSI E SALUTARE

8 settembre 2017

Al primo incontro ci si dà la mano (dall'intenzione di non mostrarsi ostili: la destra serviva a sfoderare la spada). La deve porgere il più importante al meno importante, mai viceversa. 

Quindi, la donna all'uomo e l'anziano al giovane. Il sesso non conta se le persone che si incontrano sono titolari di cariche: sarà il Signor Primo Ministro a tendere la mano alla Signora Sindaco(a), non il contrario.

"Piacere" non si dovrebbe dire. E' peccato veniale, va bene, e tutti lo fanno, ma "Ciao", "Buonasera" o "Mi chiamo Lucrezia" sono sempre da preferire, riservando al limite "E' stato un piacere conoscerti/la" al congedo.

Il baciamano (se proprio si vuole, non alle nubili, non all'aperto e non su mani guantate) meglio di no: con vera disinvoltura non lo sa più fare nessuno. 

E il bacio sulla guancia? Fra uomini è (ancora) richiesta una certa confidenza; se non si è così intimi da abbracciarsi può valere - quando le circostanze lo consentono - una pacca sulla spalla o simili. Fra donne, un saluto più confidenziale è di solito facile (e quindi, opportuno) già dopo il primo incontro. I ragazzi lo sanno da soli quel che è giusto fare (tra loro); basta guardarli.

In ufficio Tu o Lei? Tu fra colleghi di carriera (anche di anzianità differenti), Lei in tutti gli altri casi, per non sbagliare. MA senza rigidità talebane. Se i rapporti sono tali da giustificare un Tu privo di equivoci, una maggiore rilassatezza di approccio non guasta quasi mai; anzi, la produttività sul lavoro (talvolta) e la piacevolezza del lavorare (spesso) ci guadagnano.

Purché siano paritari. E ricordare SEMPRE che il Lei col nome di battesimo fa "SI badrone". Io sono Francesca. Se mi dai del TU. Se mi dà del LEI sono la Signora Marchetti. "Mi dica, Francesca", non esiste...

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