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IL DRESS CODE NEGLI STATI UNITI

28 novembre 2018

In Italia (e nella gran parte d'Europa) i soli dress code che ancora capita di vedere  stampati su un biglietto d'invito sono Cravatta nera e Abito scuro. Negli Stati Uniti è da sempre molto diverso. 

Ma con il nuovo millennio le indicazioni mutuate dalle creative circostanze (formali e non) americane si sono moltiplicate. Le abbiamo riassunte qui.

Black tie (cioè cravatta nera). Come da noi, ma più frequente. Facile per gli uomini: basta affittare il classico smoking. Più complesso per le donne. Abito da sera? Teoricamente sì, eppure in realtà la cosa migliore è vestirsi come ci si aspetta che farà la padrona di casa. Altrimenti, dipende dall'occasione: nel caso di cerimonia indossate un vestito lungo; se andate a un ricevimento di lavoro affidatevi al solito tubino nero con un adeguato abbinamento di gioielli.

Black tie optional. Figlio del relativismo culturale della società liquida, offre agli uomini la scelta se indossare lo smoking o un abito scuro con una camicia bianca e la cravatta scura. Per le donne, qualsiasi vestito lungo va bene. Occorre pensare a questo dress code nei termini seguenti: non ci si aspetta che ognuno vesta come al ricevimento per la consegna degli Oscar, ma a ciascuno si chiede uno sforzo in questa direzione.

Black tie creativo. Astruso più del precedente e terribilmente pericoloso. Ci si chiede di "modernizzare" un classico, cosa difficilissima. Da evitare camicie nere o papillon rossi (tremendamente "suggeriti"); basterà aggiungere allo smoking una pochette colorata. Anche le signore dovrebbero sentirsi incoraggiate a interpretare il proprio look meno seriosamente (uno stivale texano sotto l'abito da sera?).

Cocktail (raro, Festive) attire. Per i signori abito scuro e cravatta sobria. Per le signore un vestito corto scuro o un medio colorato; in caso di dubbio, bene anche qualcosa di più impegnativo purché abbinato ad accessori o gioielli informali.

Business formal. Dress-code per eventi giornalieri semi-formali (in particolare pranzi di lavoro o cocktail dopo una conferenza); agli uomini impone semplicemente giacca e cravatta; alle donne un abito sartoriale o un completo pantalone: l'idea è quella di mettersi qualcosa di elegante ma spigliato, che faccia sentire ciascuno a proprio agio.

Business casual. Talvolta indicato anche come "divisa di lavoro". Ecco come va inteso: per le donne, blazer-pantalone o gonna stretta e camicia dai colori vivaci. Gli uomini, pantalone sportivo tipo "chino" e camicia con il colletto (cioè: non alla coreana). Vietati i jeans.

Casual attire (o dressy). Ovvero un abbigliamento appena più "impegnato" del vostro look più casual. Donne: pantaloni (anche jeans) magari a zampa di elefante e un paio di stivaletti a tronchetto dal buon tacco; oppure, una tuta e una camicia. Uomini: bene jeans e maglione purché con camicia (meglio a righe che a fiori).

Nessuna prescrizione. Tutto ammesso, comprese le sneaker. Questo (non)dress-code ha comunque un significato, ovvero: qualsiasi cosa indossata con il benché minimo fastidio va intesa come overdressing.

 

 

ONOREVOLE?

20 gennaio 2016

Totò e Mario Castellani (nei panni dell'On. Trombetta), nella celeberrima scena nata in teatro e rielaborata per il film "Totò a colori": Trombetta - "Ebbene esercito, anzi esercitavo una professione, perché ora sono Onorevole". Totò - "Chi?". Trombetta - "Io, Onorevole". Totò - "Onorevole, Lei? Ma mi faccia il piacere! Onorevole...? Prrrr!".

Era il 1952, e pochi minuti di battute precorrevano tanti lustri: come il prezzo dei beni inferiori al crescere del reddito, essere deputato o senatore non vale più quanto valeva. Così, l'appellativo di onorevole ha perduto buona parte dell'allure di cui godeva e non pare che tornerà di moda ("ufficialmente", almeno) in tempi brevi. 

Negli ultimi dieci anni sono stati presentati tre disegni di legge che riguardano la soppressione del termine di ONOREVOLE (una delle cosiddette "prerogative minori" dei parlamentari). Il più recente propone di sostituirlo con "portavoce", lasciando intendere che l'autonomia (e, di conseguenza, il prestigio) di chi "porta la voce" dovrebbero essere ben più modesti di quanto, tutto sommato, ancora siano.

Eppure e al contrario, in passato c'era chi immaginava che gli eletti ai due rami del Parlamento dovessero conservare il titolo di onorevole o di senatore anche oltre la fine del mandato. Altri tempi. Vedremo che cosa succederà quando con la riforma costituzionale il Senato (grazie al "proprio" voto di poco fa) sarà sostanzialmente abolito. Di solito, meno si conta più appellativi esornativi si conservano...

Il termine "onorevole" riferito a un eletto non è mai stato istituito e proviene da una consolidata prassi, iniziata nel 1848 alla Camera subalpina. Nel Ventennio l'appellativo godette di scarsa simpatia, ma nell'immediato dopoguerra tornò a essere utilizzato. Anzi, nel frattempo da onorevoli deputati e senatori si è passati a onorevoli consiglieri regionali e addirittura, in qualche caso, a "onorevoli" consiglieri provinciali e comunali.

Dare dell'onorevole a un Deputato (onorevole deputato, detto solo, chissà perché, onorevole) o a un Senatore (onorevole senatore detto solo, chissà perché, senatore) è dunque corretto. Attenzione, è corretto; non bello o auspicabile, il che è altra cosa. Corretto perché, per prassi, si fa da sempre, e senza che una norma venga a stabilirlo, semplicemente, è difficile smettere.

Dare dell'onorevole a un Consigliere regionale è "corretto" allo stesso titolo: hanno cominciato a farlo in Sicilia nel 1948 e di seguito si sono uniformati un po' tutti. Sui Consigli provinciali e comunali più di un dubbio che si potesse fare in via di prassi c'è sempre stato, e ormai la questione è superata: crediamo che nessuno abbia più voglia di avanzare pretese al riguardo.

E agli EX, che succede? Può un "ex" qualsivoglia continuare a fregiarsi del titolo legittimamente portato fino a quel momento? Nel 1987, la domanda venne sottoposta alla pretura di Agordo (BL) relativamente al supposto abuso del termine di "senatore" da parte di un ex senatore. Il pretore stabilì la rilevanza penale dell'usurpazione del titolo di senatore argomentando che "l'accettazione di un titolo di onorevole può ritenersi non penalmente rilevante qualora il titolo venga considerato ben distinto da quello di deputato o senatore, cioè qualora possa escludersi qualsiasi riferimento allo status di parlamentare e possa essere parificato ad illustre, egregio, esimio e altro aggettivo esornativo. Invece l'uso da parte di un soggetto che in precedenza abbia posseduto detto status del titolo di deputato o senatore in atti pubblici è da ritenersi illegittimo".

Quindi. Se in nessun modo può essere considerato comportamento illecito l'accettare da terzi oralmente, o anche per iscritto (ma chi debba scrivere una lettera non privata ad un ex senatore a nostro parere non dovrebbe utilizzare il "sen." in indirizzo) una "qualità" pubblica ancorché dismessa, maggiore prudenza occorre nel valutare un comportamento di autoattribuzione.

Molto dipende, qui, dalla finalità per la quale si fa uso dell'appellativo. Indipendentemente dalla eventuale rilevanza penale del comportamento pensiamo che - ieri per una questione di stile, oggi anche per evitare il ridicolo - un ex parlamentare quantomeno per iscritto (ma la cosa vale per qualunque ex) dovrebbe evitare di "autodefinirsi" deputato o senatore.

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Riceviamo e pubblichiamo una puntuale precisazione.

Lasciando da parte quanto sia, oggi, bello o brutto dare dell'onorevole, vi aggiungo qualche informazione: oltre alle due categorie standard, onorevole deputato ed onorevole senatore, da voi benissimo spiegate nel loro utilizzo comune e nella non illegittimità dell'uso del solo onorevole anche postumo alla carica, va ricordato che il tesserino rilasciato dalle Camere agli ex, quindi scaduto il loro mandato e non immediatamente rieletti, ha stampata proprio la dicitura On. Taldetali.

Per quando concerne il titolo assegnato ai consiglieri regionali, questo invece non è corretto, mentre è giusto darlo unicamente a quelli siciliani. Infatti il loro organo è l'unico (anche tra le regioni a statuto speciale) che risulti essere un'Assemblea Parlamentare, dove infatti i membri vengono definiti deputati. Nessuna delle altre 19 regioni ha questa prerogativa.

Tralasciando anche ogni commento sui provinciali, passiamo poi ai consiglieri comunali. Qui esiste una unica e lunga tradizione, quelle di appellare onorevole unicamente gli eletti al Comune di Roma, infatti questo avviene non tanto perché rappresentanti della Capitale, quanto perché l'aula consiliare, detta Aula Giulio Cesare, ha da sempre sede nel Palazzo Senatorio sul Campidoglio, erede quindi di poteri ben più grandi... Non dimentichiamoci infine degli eletti al Parlamento Europeo, onorevoli anch'essi.

 

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