Matrimonio, Condoglianze, Festività - per non sbagliare vestito, regali, parole

scegli argomento ˅
news

10 REGOLE DI COMPORTAMENTO IN UFFICIO

5 maggio 2017

Come ci si deve comportare in ufficio? Esistono regole comuni? Fa ancora scuola l'insuperato affresco di costume di Fantozzi (le flatulenze del grande Giuseppe Anatrelli/Luciano Calboni, non così lontane dalla realtà se è accaduto che un dirigente chiamasse le segretarie proprio nel mezzo delle sue crisi...)? 

Starnuti a nitrito, cattivi caratteri, turpiloquio, incomprensioni, comunicazioni assenti o eccessive, approcci, ricatti, rifiuti. La lista dei "non si fa" in ufficio è lunga. Ecco le prime dieci indicazioni.

1) Piedi e scarpe non vanno messi sul tavolo. E vabbè, direte voi: invece c'è gente che lo fa davvero. 

2) Analogamente, i piedi stiano nelle scarpe. 

3) Le conversazioni telefoniche: a un livello accettabile di voce.

4) Telefonate private (madri ansiose, vecchie zie ricche da corteggiare, figli, anche piccolissimi, con una vita sociale più intensa di Gianluca Vacchi) il più possibile brevi. Avventure e barzellette in un altro momento, per non parlare delle discussioni coniugali, le critiche alle tate...

5) Mangiare: qualcuno porta con sé la gavetta preparata a casa (lo faceva pure un ministro, vantandosene). Può dare fastidio, per non dire degli odori se è cibo di cucina, ma tant'è. Almeno, lasciare pulito (residui a terra inclusi).

6) La pausa caffè è sacrosanta e prioritaria nella Camera Caffè di Bizzarri/Kessisoglu. Nella vita reale no: si cerchi il giusto mezzo tra l'armonia di gruppo e il rispetto per il lavoro degli altri.

7) Manicure in ufficio: no grazie. Ricordate Serge Reggiani nel film La Terrazza a colloquio con il presidente della Rai (Mino Monicelli) mentre fa la pedicure?

8) Fumare nei luoghi pubblici è proibito. Fine

9) Calorosi d'inverno, freddolosi in estate. E poi artriti, sciatiche, dolori articolari di varia natura. A) Bisogna mettersi d'accordo. B) Bisogna piegarsi al volere della maggioranza (ciascuno come può, levando o aggiungendo canottiere, maglioncini, sciarpe e altri rimedi, cercando di non sconfinare nel ridicolo).

10) La doccia giornaliera dovrebbe essere un'abitudine a partire dalla terza media.

 

UNA STORIA DELLE BUONE MANIERE

1 luglio 2016

Ogni mese viene pubblicato, in Italia, un libro che tratta di buone maniere. Quasi sempre, uno "copia" l'altro. Naturalmente, tutti sanno o credono di sapere che cosa sia un "galateo" eppure, nonostante si tratti di suggerimenti generalmente ripetuti, capire se il testo che stiamo consultando contiene indicazioni utili, indispensabili o dannose non è sempre facile.

Un bel libro di Gabriella Turnaturi, "Signore e signori d'Italia" Una storia delle buone maniere, Feltrinelli, svela con serena ironia e rigore di analisi l'incidenza sociologica e il valore storico dei precetti di comportamento, aiutandoci a distinguere (con le nostre gambe) il "giusto" tra sacralità rituali, persistenza dei luoghi comuni e necessità di apparenza. 

Senza nulla disprezzare, passeggiando tra le indicazioni di buon comportamento di fine ottocento (più di cento titoli degni di menzione in prima edizione tra il 1871 e la grande guerra; dal "Codice delle persone oneste e civili" a "L'arte di convitare spiegata al popolo",  a "Il giovanetto per bene: trattatello razionale di buona creanza"), del ventennio, del secondo dopoguerra e contemporanee, l'autrice rivela la banalità del reale, finendo per farci leggere ogni precetto con scientifico disincanto.

I galatei, "porto sicuro in cui rifugiarsi (...) quando tutto sembra permesso e quindi tutto diventa impossibile, perché non si sa più come comportarsi", che con le loro norme rassicuranti possono "fungere da ansiolitici", rispecchiano la storia del paese; ciascuno "rimanda a quello precedente e legittima la propria autorità appellandosi all'autorità di un altro manuale di buone maniere. Accade così che si trovino, pur col passare degli anni, norme e modelli come congelati nel tempo".

E ogni genere di Galateo in centocinquant'anni ("del contadino", "popolare", "delle educande", "del giovinetto convittore", "del seminarista", "proposto da un nonno ai suoi nipoti", "europeo", "del matrimonio", "dell'invito", "della tavola", "del III millennio", "del fund raising", "delle signorine", "della fanciulla", "morale e civile") nasce e muore nella paura di non riassumere una precedente norma cogente, fino a volerci far credere, nel 2016, che indossare scarpe marroni dopo le ore 18 sia un errore imperdonabile.

Così, con il ricorso mediaticamente ossessivo a "esperti" veri o presunti, la società italiana continua a sperimentare un provincialismo inemendabile, ostinandosi ad ignorare che, mutatis mutandis, "Il saper vivere consiste nel sentire quasi istintivamente, cioè per rapido e inusitato esercizio del buon senso, l'atmosfera in cui siamo capitati e saper subito acclimatarsi. E in un luogo essere affatto alla buona, in un altro tenerci a livello delle più squisite maniere" (Giovanni Rajberti, ahinoi, nel 1851).

 

social
Online dal 2001 - Web Design: Yayamedia Srl