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SMALL TALK

7 marzo 2019

Una cena con otto, dieci persone a tavola che non si conoscano già, è ormai evento relativamente infrequente; peraltro, quasi tutte le occasioni conviviali si organizzano in piedi e a orario "morbido". 

Ma se si invita seduti, può capitare di avere a casa ospiti muti: la vita sociale è un obbligo costoso sul piano della tenuta nervosa e del tempo, e a volte tacere appare una soluzione comoda (in qualche caso lo è davvero, peraltro).

Il silenzio e il suo parente prossimo, l'imbarazzo, sono nemici subdoli. Come a tutti è successo, capita a volte che l'argomento che regge il discorso si esaurisca e si faccia d'un tratto silenzio, così, senza una ragione.

Nel silenzio, un commento sul cibo va sempre bene, magari accompagnato da una domanda piccola e salvifica: "E questo, come si cucina?". Perfino un commento sulla tovaglia può risultare meglio di niente ("Che carina, dove la hai comprata?"). La stessa cosa vale quando la conversazione si avvita su un solo argomento, a maggior ragione se "difficile" per qualcuno dei commensali.

Un trucchetto per i padroni di casa: siccome spetta innanzitutto a loro, in circostanze del genere, il compito di cambiare argomento, è buona cosa tenere una piccola notizia "di riserva" da spendere in casi d'emergenza. Non ci pensa quasi nessuno, e invece... ("Ma di tizio l'avete saputo?"). 

Se il vuoto di conversazione fosse generato da una gaffe (che, sia detto per inciso, naturalmente va ignorata, come non fosse stata detta: mai tentare di rimediare con altre parole, sia del pronunciante che del colpito, è evidente, ma neppure del vicino) chiunque dirotti subito altrove il discorso; perfino la tovaglia di cui sopra andrà benissimo.

Quanto agli spunti di chiacchiere innocue, in generale: un film appena visto, un libro appena letto. Specialmente quando le persone a tavola hanno età vicine, ricordare una pubblicità, o il nome di un protagonista di telefilm, di vent'anni prima  può alimentare un'ora di risate condivise.

Giova ricordare infatti che non per forza bisogna dire dei massimi sistemi: in questi tempi sospesi tra la professione e l'impegno saper sostenere lo "small-talk" (non dire niente di personale o complicato, insomma) rappresenta una dote non da poco. E' difficile farlo senza essere superficiali, ma quelli bravi ci riescono.

CI SPOSIAMO?

23 dicembre 2007

Se la stragrande maggioranza degli adulti in età fertile è sposata, vorrà dire che non si riesce proprio a farne a meno: con buona pace dei suoi detrattori, il matrimonio ha una funzione sociale (per chi crede, solidamente sostenuta da un precetto) ben lontana dal diventare superflua. Eppure esiste una sterminata letteratura che riassume i motivi per i quali si dovrebbe ragionevolmente rifiutarlo, il matrimonio, tutti ugualmente validi e sensati (fine della libertà, SUOCERI, coniuge pigro o iperattivo, probabile abbassamento del tenore di vita, predisposizione alla lite naturalmente determinata dalla convivenza, eccetera eccetera eccetera).

Alle ragioni del no, però, di solito, ne manca una: sposarsi (QUEL giorno proprio, e tutto l'armamentario che lo precede, intendiamo) è un calvario... ALLORA:

1) si abbia o no danaro da spendere, sobrietà e pochi fronzoli;

2) niente decisioni avventate sulla data, non troppo vicina, non troppo lontana (né coincidente con grandi eventi sportivi, per evitare a chi viene di doversi confessare per le maledizioni pronunciate contro di voi);

3) niente partecipazioni (solo inviti!), foriere di equivoci e di possibili risentimenti da parte di chi voleva esserci e invece non può venire però lo avete avvertito e quindi ci rimugina su (perché solo la notizia? vuol dire dire che non devo andare? ma il regalo devo farlo?);

4) niente bomboniere, che fanno ridere anche i tacchini prima del pranzo di Natale: bastano i confetti;

5) niente ipocrisie sul "chi paga" cosa: devono contribuire entrambi; siamo nel duemilaaaa!!!

6) niente tight, tanto non ce l'ha più nessuno e chi lo affitta di solito fa ridere gli stessi tacchini già sganasciatisi per le bomboniere;

7) niente mutui per l'acquisto dell'abito da sposa, che finisce malinconicamente in un armadio per il resto dell'eternità anche (anzi, soprattutto) se costa ventimila euro.

Le cose, in realtà, vanno diversamente, molto diversamente da come vorremmo e/o sarebbe giusto. Andiamo in ordine sparso... Non la sola data, ma lo stesso PERIODO in cui sposarsi è una scelta faticosa, frutto di tortuose mediazioni con le famiglie di origine, prigioniere di superstizioni cabalistiche o vittime di accidenti che richiedono cure costanti; sacerdoti titolari di chiese; officianti superimpegnati tra ritiri spirituali e improbabili pellegrinaggi in aree remote e sconosciute del pianeta; vecchie e dispotiche zie. Del resto, appena comunicata al mondo la decisione, pochi danno davvero una mano: quasi tutti offrono consigli (solitamente inutili), mentre QUALCUNO comincia una gara al rialzo per complicarvi la vita...

DOVE ci sposiamo? Sposarsi da soli all'estero o in nave non si può (e zia Ginetta? Non vorrai spezzarle il cuore!). Sposarsi in comune mica tutti possono: i nonni sono religiosissimi, e poi un matrimonio senza la benedizione di Santa Romana Chiesa equivale ad una sudicia convivenza con pena immediata di cancellazione dall'elenco degli eredi (ma veramente ne facevamo parte?). Sposarsi nella chiesa parrocchiale quel giorno non si può, perché ci sono le prime comunioni e il parroco ci conosce da sempre, non accetterà mai che si vada a farlo altrove... Vabbè, lo convinciamo, scegliamone un'altra. Questa è bellissima ma NO, non c'è parcheggio, LI' non ci si sposa, porta male, LA' mica fanno la messa apposta per noi, QUI ci vuole un preavviso di due anni, QUAGGIU' giura il parroco che piove sempre, anche d'agosto. Bene, allora riprendiamo in considerazione il comune? Ah, vade retro Satana! Perché ragioni secondo gli uomini e non secondo Dio!!?

Per carità pochi invitati. TUTTI D'ACCORDO, chiaro. Ma poi i SOLI parenti sono inevitabilmente più di cento. Questo si offende, quello mi ha tenuto a battesimo, questo è stato così carino a regalarmi la macchinetta radiocomandata quando avevo dieci anni, questo è ricco, non si sa mai, quello è povero, non è giusto discriminarlo, quest'altro non lo vedo da una vita, è un'ottima occasione di incontro, quello non aspetta altro che il mio matrimonio. E allora?

IDEA, mandiamo la SOLA partecipazione ai parenti che frequentiamo meno! Così le partecipazioni, uscite dalla porta delle migliori intenzioni negli entusiasti primi giorni di progetti, risbucano dalla finestra della necessità a far maestosamente la parte del leone. E mentre i prosaici inviti sono necessariamente contati, si immagina che "a questo punto, visto che le facciamo" le partecipazioni possano essere infinite. Risultato, inevitabile e scontato: una fatica boia per scegliere gli esclusi, cento scontenti e tre offesi gravi.

Per evitare che ci regalino (pagandola tra l'altro una fortuna) la solita statuetta di venere sognatrice in cristallo di Murano, con tanto di scosciatura e mezza tetta di fuori, bisogna fare la lista di nozze. Ma dove? Cosa scegliere? Cosa serve? Cosa abbiamo? Cosa è bello? Primo giro per negozi, lista, secondo giro, disdetta, nuova scelta, nuova disdetta? terzo giro per negozi, quarto, quinto, lista finale. Chi sopravvive e si sposa uguale è bravissimo.

Mettere ordine? E' una parola. ALMENO QUESTO. Se lo sposo vuole/(deve) indossare il tight i testimoni maschi possono - se desidera lo sposo e sono TUTTI d'accordo - metterlo anche loro. Idem per quel che riguarda i suoceri. Gli altri meglio di no... Eppure, se scatta l'idea che essendo lo sposo in tight allora il matrimonio è da considerarsi "in tight", moltissimi si riterranno autorizzati o obbligati a indossarlo. NON c'è rimedio. Se non quello di rassicurare i presenti in giacca che sono gli altri ad essere "sbagliati" e non loro...

Il ricevimento, nelle intenzioni unanimi dei consigliori/parlatori matrimoniali, deve durare poco. Ma tutti sanno che non sarà così. Le portate, inevitabilmente di qualità poco più che scadente a meno di ipotecare la/le case, si succederanno le une alle altre. I primi (due - tre almeno), i secondi (pesce, carne, contorni di verdure e patate) e infine, a completare la fatica: i dolci. Uno, due, addirittura tre, prima della torta nuziale con la statuetta degli sposi in cima, il brindisi e l'immancabile coro: Bacio! Bacio!

Concluderà la lieta giornata - una non stop di otto/dieci ore - l'orchestrina (o il digèi, non si sa se meglio o peggio) con musiche anni settanta e ottanta. Ma è il minimo sindacale. Altrimenti come potrebbero, il giorno dopo, raccontare gli invitati: "Ci siamo divertiti tantissimo! Abbiamo ballato e la sposa si è perfino tolta le scarpe!"

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