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CORRETTO DA MANGIARE

21 aprile 2017

Organizzate una cena. Dovete scegliere cosa offrire, naturalmente. Che abbiate delegato la cucina o vogliate cimentarvi ai fornelli, quello che mangeranno i vostri ospiti parla dell'attenzione che riservate alle cose del mondo. 

Le serre, l'allevamento intensivo e l'importazione dall'altro emisfero hanno annullato la schiavitù delle stagioni: senza riduzione sostanziale di quantità (basta affrontare i costi), tutto si trova: fragole a Natale, pomodori freschi sempre, arance a giugno. 

Le cose cambiano, certo, e di solito cambiano in meglio: chi rimpiange il tempo in cui si ammazzava il maiale "di stagione", ne dimentica i tassi di mortalità infantile. Ma a patto di dedicare un centesimo del nostro tempo a scegliere ciò che mangiamo (senza subire passivamente la grande distribuzione, insomma), la varietà di prodotti dei nostri tempi ci offre l'imbarazzo del libero arbitrio gastronomico. 

Alzi la mano chi non ha mai lasciato cadere nel carrello del supermercato una "ex primizia" (anche le primizie non sono più tali, visto che non si sa bene, oramai, prima o dopo cosa dovrebbero venire). Alzi la mano chi è riuscito ogni volta a razionalizzare la propria scelta indirizzandosi verso proteine animali ottenute senza forzare la natura delle bestie: non abbiamo mani da alzare, è evidente.

Tutto questo premesso, e aggiunto che le crociate non ci appartengono per cultura, crediamo che un piccolo sforzo verso una più attenta alimentazione - oltre a dare beneficio alla salute, è chiaro - rappresenti ormai un nuovo precetto di buona educazione. Non che si debba star dietro a tutto, però accostarsi pian piano all'idea che offrire vitelli all'estrogeno, spigole antibiotiche, mele anticrittogamiche eccetera eccetera, oltre a essere poco salutare sia anche poco bontòn - perdonateci! - ve lo consigliamo.

Insomma, anche una bella tavola apparecchiata, anche il piazzamento giusto, anche una conversazione impeccabile possono essere vanificati dall'offerta di un cibo "scorretto".

Verdura e frutta di stagione, piatti regionali, animali allevati con rispetto, prodotti di origine certificata. Non è difficile, anche senza spendere (tanto) di più. Al consumo, un uovo di galline torturate costa intorno a 0,20 euro. Se la gallina è stata allevata a terra (quindi oltre a vivere "un po' meglio" ha probabilmente assunto meno medicine, che altrimenti ritroveremo in tuorlo e albume) lo stesso uovo può arrivare a costare 0,35 euro. Si può fare, no?

A proposito, offrire una frittata non è affatto disdicevole. Una di asparagi di campo, magari, in questa stagione.

IL VELO E LA POLITICA

24 marzo 2017

Si può distinguere tra buona educazione e piaggeria? Tra il rispetto per le consuetudini/tradizioni altrui e la rinuncia - variamente mascherata - alla propria dignità nazionale? 

Gennaio 2016: l'Italia accetta la richiesta dell'Iran di non servire vino a tavola perché contrario alla loro religione (nel 1999 Scàlfaro aveva fatto lo stesso), ma il fatto passa sotto silenzio. La decisione di coprire le statue dei musei capitolini viene invece ampiamente censurata dalla stampa.

Disparità di trattamento mediatico per analogo comportamento a parte, c'è da chiedersi: fanno tutti così? Assolutamente no. Nella recente visita in Arabia Saudita nel dicembre scorso della Ministro (o Ministra? I Tedeschi come dicono?) della difesa di Germania, l'aristocraticissima Ursula von der Leyen, i Sauditi hanno consegnato a tutti i componenti femminili della delegazione, giornaliste incluse, un Abaya, ma nessuno lo ha indossato, malgrado gli ospiti si fossero dati molto da fare per renderlo particolarmente elegante. La Signora Ministro e il suo seguito non hanno infranto la legge: la Costituzione dell'Arabia Saudita, agli articoli 1, 23, 45, impone alle donne di velarsi in pubblico lasciando scoperti solo il volto e le mani. Ma l'obbligo è fatto soltanto ai cittadini sauditi.

C'era un precedente. La Ministro dell'economia del Land Baviera, Ilse Aigner, in visita in Iran nel 2015 e nel 2016, aveva espresso analogo rifiuto, accettando solo - proprio per non farla troppo sporca - di appoggiare sul capo un foulard. Ma va detto che in Iran la legge vale anche per le straniere.

Successivamente due episodi di segno opposto.

Da un lato, lo scorso febbraio, una delegazione del governo svedese guidata dal premier Löfven, in larga parte formata da donne (11 su 15): tutte rigorosamente indossavano il velo. Bisogna ammetterlo, era ben grigio vedere le loro foto "castigate" con foulard e cappottoni sfilare sotto lo sguardo compiaciuto degli Ayatollah.

Pochi giorni dopo, il 21 dello stesso mese, un episodio di segno opposto. Marie Le Pen - in corsa per la presidenza francese - pur di non indossare il velo ha cancellato l'incontro con il Gran Muftì del Libano (la più alta autorità  religiosa del paese). "Potete trasmettere i miei ossequi al Gran Mufti, ma io non mi coprirò mai", avrebbe detto.

Evidentemente, la faccenda non appartiene più al bonton, ma alla comunicazione politica: la delegazione svedese è stata criticatissima e la candidata all'Eliseo osannata. Perché le due circostanze si assomigliano in un dettaglio che fa la differenza. Le foto "svedesi" sono state volute e divulgate dagli iraniani; la dichiarazione della francese è stata rilasciata direttamente agli organi di stampa...

E mentre fa discutere la foto che ritrae in un vagone della metro a New York la drag queen accanto ad una signora in niqab, sospesa tra due diverse prospettive di libertà, forse sarebbe utile far propria una delle massime di Kierkegaard: "La grandezza non consiste nell’essere questo o quello, ma nell’essere se stesso, e questo ciascuno può farlo, se vuole", ricordando però che la possibilità di scegliere non ovunque è data.

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