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SMALL TALK

7 marzo 2019

Una cena con otto, dieci persone a tavola che non si conoscano già, è ormai evento relativamente infrequente; peraltro, quasi tutte le occasioni conviviali si organizzano in piedi e a orario "morbido". 

Ma se si invita seduti, può capitare di avere a casa ospiti muti: la vita sociale è un obbligo costoso sul piano della tenuta nervosa e del tempo, e a volte tacere appare una soluzione comoda (in qualche caso lo è davvero, peraltro).

Il silenzio e il suo parente prossimo, l'imbarazzo, sono nemici subdoli. Come a tutti è successo, capita a volte che l'argomento che regge il discorso si esaurisca e si faccia d'un tratto silenzio, così, senza una ragione.

Nel silenzio, un commento sul cibo va sempre bene, magari accompagnato da una domanda piccola e salvifica: "E questo, come si cucina?". Perfino un commento sulla tovaglia può risultare meglio di niente ("Che carina, dove la hai comprata?"). La stessa cosa vale quando la conversazione si avvita su un solo argomento, a maggior ragione se "difficile" per qualcuno dei commensali.

Un trucchetto per i padroni di casa: siccome spetta innanzitutto a loro, in circostanze del genere, il compito di cambiare argomento, è buona cosa tenere una piccola notizia "di riserva" da spendere in casi d'emergenza. Non ci pensa quasi nessuno, e invece... ("Ma di tizio l'avete saputo?"). 

Se il vuoto di conversazione fosse generato da una gaffe (che, sia detto per inciso, naturalmente va ignorata, come non fosse stata detta: mai tentare di rimediare con altre parole, sia del pronunciante che del colpito, è evidente, ma neppure del vicino) chiunque dirotti subito altrove il discorso; perfino la tovaglia di cui sopra andrà benissimo.

Quanto agli spunti di chiacchiere innocue, in generale: un film appena visto, un libro appena letto. Specialmente quando le persone a tavola hanno età vicine, ricordare una pubblicità, o il nome di un protagonista di telefilm, di vent'anni prima  può alimentare un'ora di risate condivise.

Giova ricordare infatti che non per forza bisogna dire dei massimi sistemi: in questi tempi sospesi tra la professione e l'impegno saper sostenere lo "small-talk" (non dire niente di personale o complicato, insomma) rappresenta una dote non da poco. E' difficile farlo senza essere superficiali, ma quelli bravi ci riescono.

SAPER DIRE, TACERE (E ASCOLTARE)

27 ottobre 2017

"Preferisco parlare con le vecchie che riportano chiacchiere di casa; poi con i dementi; in ultimo, con la cosiddetta gente assennata". 

Soeren Kierkegaard metteva così curiosamente il dito su una delle piccole difficoltà del vivere sociale: la conversazione. Quante volte a cena le chiacchiere indugiano su argomenti di nessun interesse, o riguardano circostanze sconosciute e lontane?

Il primo sforzo deve venire dai padroni di casa cui spetta: 1) assortire gli ospiti (mai riunire i propri colleghi di lavoro e un solo amico "esterno"); 2) ricordare a tutti chi sono gli altri invitati, magari suggerendo in anticipo a ognuno qualcosa su ciascun altro; 3) fare le presentazioni.

Specialmente se si tratta di una cena seduti, accennare discretamente all'occupazione del nostro quotidiano è consentito. Solo dopo si potrà eventualmente aggiungere altro di "personale" (figli, mogli/mariti, casa). Chiaramente, mai e poi mai parlare di malattie e danaro.

Il segreto di ogni buon conversatore è la leggerezza. L'ideale sarebbe semplicemente affrontare un certo numero di questioni di attualità, lasciando spazio a tutti per dire la propria. Banalissimo ma fondamentale: chi pensa di aver nulla di interessante da dire taccia pure (male non fa mai). 

Ciascuno parla volentieri del proprio lavoro ma i dettagli, di solito, non interessano. Chi si occupa di borsa potrà dare notizie generali su Piazza Affari, sfuggendo alla tentazione di informare sui titoli più forti ad Auckland (a meno che si tratti di cose evidentemente buffe; se un titolo neozelandese lo comprassero solo i proprietari di allevamenti di koala, si potrebbe dire).

Vietato aggredire qualsivoglia interlocutore con domande di nostro solo interesse. Al critico d'arte importa poco se abbiamo in casa uno "Staccolanana" e può tranquillamente ignorarne il valore, cosa che a noi invece sta a cuore moltissimo. Allo stesso modo non si assillino - orrore! - medici, avvocati e arredatori con richieste di consigli (dottore, che dice, questo dolorino da cosa potrebbe dipendere?).

Il vero rischio, però, non è la chiacchiera pur noiosa, ma il silenzio prolungato oppure (perfino peggio) una conversazione avvitata su un solo argomento quando il tema è "difficile" per qualcuno dei commensali. In questi casi sta ai padroni di casa intervenire, anche di punto in bianco: "L'altra settimana sono stato/a alla mostra su Pluto e Paperino…". Vero passepartout un commento sul cibo, magari accompagnato da una generica richiesta tipo: "Chi sa come si cucina?". 

Imperativo assoluto e spesso trascurato: ignorare le gaffes. Il gelo che generalmente segue una frase a sproposito dovrebbe essere evitato (a meno che qualche anima buona sia riuscita ad allentare la tensione con una battuta, spetta di nuovo - ahiloro - ai padroni di casa avviare una discussione nuova): Sandro Pertini a Madrid in visita ufficiale brindò al fatto che Juan Carlos avesse portato la Spagna alla Repubblica... Forse intendeva dire "alla democrazia", ma lì per lì, giustamente, nessuno glielo fece notare. Magari qualcuno, saggiamente, seppe cambiare discorso.

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