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10 REGOLE DI COMPORTAMENTO IN UFFICIO (2)

9 giugno 2017

Qualche anno fa Corinne Meier in "Buongiorno pigrizia" (libro dal significativo sottotitolo: Come sopravvivere in azienda lavorando il meno possibile) sottolineava un aspetto solo apparentemente minore del declino della società occidentale: è inutile darsi da fare tanto il merito non paga. 

Ma il fatto che troppo spesso vinca il più arrogante, il più arrivista, il più spregiudicato (e dopo tutti a dire che è bravissimo/a) dipende anche dal rilievo sociale sempre minore destinato al giudizio sui cattivi comportamenti: "Che vuoi che sia...". E INVECE NO, perché è dal modo in cui trattiamo gli altri che si vede chi siamo davvero. A partire dalle piccole cose.

1) Non si tace al saluto di chicchessia, o peggio, rispondendo al solo saluto del più alto in grado.

2) Non si commentano le notizie del giorno ad alta voce senza aver acquisito il parere altrui (che magari stava lavorando).

3) Non si portano in ufficio i figli piccoli (peggio, i loro amichetti) se non per il tempo indispensabile.

4) Non si dà del "tu" pretendendo il "lei".

5) Non si fanno cazziatoni davanti a terzi (cointeressati o meno alla questione oggetto del rimprovero).

6) Non si va al bagno di un altro piano per essere liberi di lasciarlo in condizioni da stalla di mujiki della Russia bianca (sperando che la colpa ricada su altri colleghi).

7) Non si gioca a freccette appendendo il bersaglio sulla porta dell'ufficio (pericolosissimo, peraltro).

8) Non si mandano sottoposti a pagare le bollette o a cambiare la gomma bucata dell'auto.

9) Non ci si fanno passare i colleghi al telefono dalla segretaria.

10) Non si leggono ad alta voce le proprie poesie o componimenti.

A corollario del dieci, ma il senso è lo stesso, non si obbliga nessuno ad attività comuni extralavorative (la corazzata Kotionkin è sempre e comunque "una cagata pazzesca").

LA DOGGIE BAG

24 novembre 2014

Bonton e la doggie bag

L'abitudine alla doggy bag "si sta diffondendo nel nord Europa, in Inghilterra, in Francia ma anche in Italia. E non è, come verrebbe facile pensare, solo un fatto di crisi economica. Quanto di evoluzione del pensiero: il cibo si riscopre un bene prezioso e, come tale, va trattato. (...) Il tabù della vergogna però, per alcuni, rimane. Secondo una ricerca della Coldiretti, infatti, mentre un italiano su tre non ha problemi a portare a casa gli avanzi, il 24 per cento lascia sul tavolo ciò che non ha gradito perché s'imbarazza a chiedere."

Il quotidiano la Repubblica e la doggie bag

A firma di Irene Scalise, lo scorso martedì 18 su La Repubblica (a pagina 25; sta anche su repubblica.it) un lungo articolo parlava di doggy bag. e d'ancestrali resistenze al cambiamento. "Ma il galateo come classifica la borsa gourmet?".  La domanda, bontà loro,  l'hanno fatta a noi (la risposta la trovate cliccando sul tasto "archivio" in home page; è l'ultima in ordine di tempo).  Bontà loro, dicevamo: "Promossi anche dal bon ton, dunque".

Mi farebbe un pacchetto con gli avanzi?

«Scusi, non è che mi farebbe un pacchetto con gli avanzi?» Alzi la mano chi, dicendo per la prima volta una frase del genere (magari su ordine del solito marito pitocco /barra/ della solita moglie dispotica), non abbia sognato di potersi schermire davvero dietro un cagnolino «Sa, per lui....», oppure di avere appresso un bimbo piccolo, rigorosamente frignoso e schiamazzante per giustificarsi (fingendo indifferenza, magari cellulare all'orecchio) «Così glieli do per cena, qui proprio non vuole mangiare...».

Michelle Obama

Eppure non c'è niente di male. Michelle Obama ha domandato la doggy bag recentemente in un locale Romano e, naturalmente, nessuno ha pensato che si trattasse di una stramberia fuori luogo. Perché la richiesta veniva da una persona famosa, indubitabilmente non tacciabile di spilorceria? Certo, ma anche perché non si tratta (più) di un gesto culturalmente figlio del bisogno, bensì di un agire consapevole frutto della maturazione della coscienza civile: è disdicevole sprecare il cibo, e se al ristorante una resipiscenza rimane, questa non può essere giustificata appellandosi a un simulacro di buon comportamento. Il mondo cambia, anche se i "galatei" sono per propria natura conservatori...

I Galatei

Come ha scritto la sociologa Gabriella Turnaturi in un delizioso libro del quale abbiamo parlato il 6 luglio 2011 ("Signore e signori d'Italia" Una storia delle buone maniere, Feltrinelli, Milano), i "galatei" sono stati in Italia per quasi duecento anni un "porto sicuro in cui rifugiarsi (...) quando tutto sembra permesso e quindi tutto diventa impossibile, perché non si sa più come comportarsi". Ma siccome ciascuno "rimanda a quello precedente e legittima la propria autorità appellandosi all'autorità di un altro manuale di buone maniere", accade che codifichino "pur col passare degli anni, norme e modelli come congelati nel tempo". E noi, nel timore di sembrare inadeguati, ci ritroviamo a rispettare precetti di comportamento desueti da decenni.  

Insomma, è la scoperta dell'acqua calda: il "bonton" non è statico... Per terminare sorridendo a proposito di doggy bag (che sia chiaro comprende le bottiglie non terminate), vogliamo ricordare il fantozziano tentativo di corteggiamento di un amico che, condotta infruttuosamente l'amata da Heinz Beck alla Pergola (il primo o il secondo ristorante d'Italia, inevitabilmente costosissimo), per mesi portò con sé a perdurante monito la ricevuta del conto. Guardandola, commentava amaro: «Se almeno mi fossi portato via il vino...».

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