Matrimonio, Condoglianze, Festività - per non sbagliare vestito, regali, parole

scegli argomento ˅
news

UN SOTTINTESO DEL REGALO

14 novembre 2019

“Temo i greci anche quando portano doni”. È La traduzione più diffusa delle parole di Laocoonte a proposito del celeberrimo cavallo (Eneide, Libro II, 49). 

Eppure, letteralmente, la frase significa: “Temo i Greci e coloro che portano doni”. Ovvero, temo gli uni e gli altri. Le due possibili interpretazioni non confliggono: nel mondo antico il “regalo” riassume in sé tali potenza e valore da doversi temere a prescindere; inoltre, per venire accolto non può che essere restituibile, pena l’ira degli Dei.

Vengono puniti duramente i Troiani, viene punita (con la morte) la figlia del re di Corinto, promessa sposa di Giasone, che accetta le regalie avvelenate della Medea di Euripide. Ma non basta: oltre che ricambiabile, qualsiasi dono deve poter essere reso in modo equivalente.

Glauco e Diomede rifiutano di combattersi (Iliade, Libro VI, 119-236) dopo aver appreso di essere legati da un dono di ospitalità tra i propri antenati. Ma quando riaffermano quel vincolo con la reciproca offerta di armi e armature, il valore degli oggetti di Glauco (d’oro) è dieci volte superiore a quelli di Diomede (di bronzo), e il poeta ci tiene a sottolineare che, per poter consentire lo scambio, Zeus è “costretto” a togliere il senno a Glauco.

Il significato è evidente: in un’economia premonetale l’oggetto in cui il dono si sostanzia rappresenta un valore, e ogni squilibrio nei rapporti dare/avere contiene in sé una fonte potenziale di conflitto. Dunque, ben prima che la velocità di trasmissione delle notizie politico-comportamentali demonizzasse il valore materiale dei doni istituzionali, una forma di “equità” negli scambi è sempre stata considerata necessaria.  

Semplificando, è questa la ragione per la quale un dono si può non restituire solo dall’alto in basso; questa è la ragione per la quale sono nati gli scambi in via diplomatica; questa è la ragione per la quale è buona norma, specialmente nel caso di dazione diretta tra soggetti di livello analogo, che il Cerimoniale si curi di conoscere in anticipo le intenzioni dell’altra parte.

Ma in fondo, se si hanno spirito, equilibrio e una buona idea il valore materiale del dono può assumere un significato del tutto secondario.

Giovanni Spadolini conservava in una bacheca a Pian dei Giullari i ricordi di moltissimi incontri, avuti come Ministro, Presidente del Consiglio e, da ultimo Presidente del Senato. Tra medaglie, crest, pressacarte, penne, statuette, raffigurazioni in miniatura di monumenti, palazzi e sedi istituzionali, gagliardetti, bandierine da tavolo e una quantità di altra roba, faceva curiosa mostra di sé un contenitore di vetro pieno di piccole sfere colorate leggermente irregolari.

Lui raccontava volentieri di che cosa si trattasse; per vezzo, certo, ma (è chiaro) perfettamente consapevole di quanto significato “politico” quell’oggetto nascondesse. Gliel’aveva dato Ronald Reagan: l’uomo più potente della terra poteva permettersi di offrire in regalo un barattolo di caramelle di zucchero. 

 

 

 

 

 

APERICENA

3 giugno 2016

«Lei conosce le regole, Fantozzi. Lei sa come deve comportarsi in società, non è vero? Quello che deve fare, quello che non deve fare...».
«Si, sì».
«Vedremo… Vedremo!!!». (*)

In questo scambio di battute tra il Direttore Conte Corrado Maria Lobbiam e Fantozzi - peraltro l'unico della saga a chiamarlo senza storpiarne il nome - c'è tutta l'ansia che è in grado di trasmettere il bon ton (e la riprovazione che si immagina possa derivare dalla trasgressione di chissà quali esoteriche convenzioni).

Da allora, di semplificazioni se ne sono fortunatamente aggiunte parecchie. Eppure, a ogni novità ci si domanda come sia giusto comportarsi. L'apericena (orribile quanto ahinoi ormai condiviso neologismo, menzionato sulla stampa nazionale tra virgolette nel primo decennio di questo millennio, quindi senza...) non fa eccezione.

CHE COSA È. Apericena s. f. o m. Aperitivo, servito insieme con una ricca serie di stuzzichini e accompagnato da assaggi di piatti differenti, salati e dolci, che può essere consumato al posto della cena (Treccani). Ovvero: occasione informale di incontro a metà tra l'aperitivo e la cena, e che può essere l'uno, l'altro o entrambi.

ORARIO. Inizio a ridosso della cena, tra le 19,30 e le 20 ma con grande flessibilità; la fine può arrivare fino alle 22,30-23 (solo nel caso di grande affiatamento: sono in tanti, oggi, a dichiarare orgogliosamente di coricarsi alle 10, per dire di quanto sia frequente voler sfuggire alla socialità, stanchi di averla subita per tutto il giorno).

DOVE. Normalmente ci si dà appuntamento in un locale pubblico, a media distanza dal luogo di lavoro di tutti (a meno che se ne sia scelto uno trendy altrove...).  In casa è di solito meno frequente, ma in questi tempi elettorali, tra Roma e Milano, durante la settimana corrente ne sono stati consumati parecchi.

CHE COSA SI MANGIA. Crostini, pizzette, tapas, affettati, formaggi, cruditè e finger food  in generale. Anche se non è affatto inusuale trovare un primo, un'insalata di riso o legumi e (più raramente) un secondo: l'idea è quella della massima libertà anche nel cibo. Chi ospita in casa non si senta obbligato a preparare manicaretti, ma da mangiare deve essercene, perché non è una cena ma, dopo, raramente si cena.

CHE COSA SI BEVE. Quello che si vuole. Innanzitutto vino (se non lo si è - e raramente lo si è - non si finga di essere intenditori), quindi in ordine di frequenza birra, analcolici,  succhi di frutta, cocktail vari; se si è in macchina, attenzione a non tornare a casa ciucchi.

QUANTO SI STA. Non ci sono regole. Si può rimanere il tempo di un saluto veloce con la sedia presa in prestito dal tavolo accanto o passare le ore a trastullarsi. Se il ritrovo è in un locale pubblico, chi ha lanciato l'idea di vedersi per un apericena non è tenuto a fermarsi fino all'ultimo. In casa, tutti dovrebbero avere la discrezione di togliere le tende massimo per le undici o anche prima.

CHE COSA SI PORTA. Nulla, se l'appuntamento è in un locale. Anche a casa, informalità: se il padrone di casa non ha comandato il gelato o il dolce, anche niente. Semmai una telefonata o un sms il giorno dopo.

DI COSA SI PARLA. Specie in luoghi pubblici nessuno sente, nessuno segue davvero. Di cose futili va sempre bene.

------------------------------------------------------------------------

 (*) Il "Secondo tragico Fantozzi" ospita il dialogo nell'imminenza di una cena ufficialissima. Fantozzi e Filini sono casualmente ammessi perché il dobermann della padrona di casa, la mitica Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare, ha costretto i due a rifugiarsi su un albero (e loro, senza riuscirci, a tentare di indovinarne il nome: "Ivan il Terribile Trentaduesimo, discendente di Ivan il Terribile Primo, leggendario campione di caccia al mujiko, fucilato come nemico del popolo durante la Rivoluzione d'ottobre sulla piazza Rossa")...

social
Online dal 2001 - Web Design: Yayamedia Srl