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IL COLTELLO A TAVOLA

10 febbraio 2017

Il pesce non si mangia col coltello. E le uova, non importa cucinate come. Ah, gli asparagi, anche... Sicuri? E la mozzarella?

In oriente l'uso del coltello a tavola (per analoghe ragioni, anche della forchetta) è di fatto sconosciuto: il cibo viene offerto in piccoli pezzi e si mangia usando innocui bastoncini di legno. Norbert Elias (sociologo tedesco [1897/1994]) nel suo "La civiltà delle buone maniere" ci dice perché: in Cina chi ebbe a determinare i modelli di comportamento non fu una classe di guerrieri ma uno strato sociale "pacificato": quello dei funzionari colti - i cosiddetti “mandarini” - che della violenza aveva timore supremo.

Anche in occidente il divieto di portare il coltello alla bocca per mangiare (ma altrettanto per pulirsi i denti, così come le posate non dovrebbero essere brandite e i coltelli si “passano” tenendoli per la lama) nasce dall’intenzione di allontanare il timore e la minaccia dell'arma sia da taglio che da punta. Odoacre, il primo re d’Italia non romano, fu assassinato da Teodorico durante un banchetto, e i pranzi finiti in duelli all’arma bianca non si contano per tutti gli anni che passano tra il 500 circa (la morte di Teodorico) e il 1500 circa, ovvero il momento in cui si diffonde il convincimento che portarsi appresso delle armi a tavola sia sbagliato. 

Così, poiché il "civile" e il "disdicevole" sono argomenti per spiegare e motivare un rituale sociale che ha origine nel controllo dell’aggressività, il coltello meno lo si usa meglio è. Ecco perché a tavola tutto ciò che può essere affrontato con la sola forchetta - che peraltro nei secoli passa progressivamente dai minacciosi due rebbi lunghi ai meno aggressivi quattro corti - non va tagliato col coltello: asparagi, uova, tonno, torte, formaggi molli, pesci, molluschi, eccetera.

Queste la ragione e la regola, ma rimane il fatto che, storicamente, più cresce la distanza tra un comportamento e la ragione che ne ha determinato il radicarsi più deboli si fanno le forme di controllo "sociale" sul rispetto di quelle norme: va bene continuare a non usarlo, il coltello, quando non serve, però tenendo a mente che il motivo per il quale esiste (cioè il timore di essere sgozzati con una posata durante un banchetto) non è più così attuale...

Insomma, se la mozzarella è di bufala e con la sola forchetta si rischia di farla ruzzolare fuori dal piatto, ben venga una pacifica lama.

E si lascino finalmente al loro destino di testimonianza le posate da pesce, costoso regalo di matrimonio "chic" negli anni 50 e 60 del Novecento per le classi quasi abbienti o aspiranti tali: continuare a utilizzarle nel 2000 quando la ragione ultima della loro esistenza affonda nella necessità di autotutela del potere postmedievale, forse davvero non è più il caso.

 

CIN CIN?

6 ottobre 2017

Cin cin. E un brivido corre lungo la schiena del festeggiato: ecco, ora qualcuno si alza e mi dedica una rima... Il brindisi va fatto? E quando? Alla fine o al principio?

Un augurio che chi presiede l'evento conviviale (piccolo e privato o pubblico e importante) pronuncia rivolto all'ospite di maggior riguardo o d'onore, è quasi sempre opportuno, a patto che sia poco, e leggero. Di solito l'ospite/festeggiato dice qualcosa a sua volta, ma a casa non è un obbligo.

Sia in eventi ufficiali che in famiglia, chi parla per primo pensi al lui/lei cui si rivolge, che non volendo o non essendo in grado di rispondere, DOPO, potrebbe trovarsi in imbarazzo (insomma, un accordo prima non è una cattiva idea...). Se chi prende la parola ha qualcosa di sensato da dire è meglio (con un grato pensiero a Catalano).

Ancora una cosa, buona per entrambe le situazioni: meglio alla fine che in principio. Tempo a disposizione: tre minuti. In pranzi e cene formali a volte al brindisi si abbina uno scambio di doni, il che vuol dire che dopo il discorso compare un regalo (mai incartato!) da dare all'ospite, il quale, preventivamente avvertito, al termine del suo intervento ringrazia e ricambia.

Se l'occasione è più informale, come un compleanno, può capitare che sia solo il festeggiato a parlare per ringraziare. Il dono, cui in genere contribuiscono tutti i presenti, se previsto, può seguire il discorso.

Quanto al termine, cin cin (dalla pronuncia del cantonese ch’ing-ch’ing, ovvero «prego prego»), recita la Treccani: "Formula cinese di cortesia (introdotta dai marinai e fatta anche conoscere dall’operetta La Geisha di S. Jones, rappresentata la prima volta a Londra nel 1896), che è stata in Italia interpretata onomatopeicamente come se riproducesse il suono di due bicchieri che cozzano insieme e adottata quindi come espressione di buon augurio nel fare un brindisi, col sign. di «alla salute»". Ecco, meglio di no. In alcune lingue orientali è un nomignolo del pene o dell'atto sessuale... "Auguri" o "salute" vanno benissimo.

Chiudiamo con il tintinnio dei calici. Sbattere lievemente i bicchieri prima di bere è vietatissimo in circostanze "ufficiali" (vale a dire quando l'occasione conviviale si determina in ragione delle cariche ricoperte dai presenti), mentre in caso di compleanni, promozioni, festeggiamenti vari - anche a due - può essere considerato parte di un rituale scherzoso e quindi va bene, anzi benissimo, perché per dirlo con Stéphane Mallarmé "l'ironia è il segno delle grandi cose".

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